Roma, 12 ottobre 2016- Questa notte si è spento Albino Garbari.
Classe 1934, tecnico FISE, capo equipe del team vincitore a Tokyo'64, poi riconosciuto come uno dei più accreditati course builder al mondo.
Ma soprattutto Garbari era l'uomo dei Pratoni, il "padrone di casa" del CEF, il personaggio di riferimento per chiunque sia stato in ritiro a Rocca di Papa.
Da tutti amato e da tutti rimpianto, lascia un vuoto incolmabile dopo essersene andato via, in silenzio, come in silenzio, dietro le quinte, ha sempre vissuto, con il solo scopo di proteggere il patrimonio dei Pratoni e i più alti principi sportivi, professionali e umani.
ANDREA MEZZAROBA: "Apparentemente schivo, Albino si rivelava con tutti una persona di grande umanità, sempre pronto a dare tutto per noi atleti e per il CEF. Voglio pensare che se ne sia andato con la gioia nel cuore, vedendo riaprire i Pratoni.".
FABIO FANI CIOTTI: "E' un giorno molto triste, un giorno di lutto per tutto il mondo equestre. La scomparsa di Albino lascia un vuoto incolmabile. Nessuno più di lui è riuscito a incarnare il ruolo di educatore severo, maestro paterno e professionista discreto. Ci stiamo attivando per poter rivolgere a lui l'estremo saluto proprio qui ai Pratoni, dove ogni angolo ricorda il suo grande cuore".
I MEMBRI DELL'ACCADEMIA CAPRILLI PRATONI DEL VIVARO: "Albino non c'e' piu'. Come i cavalli di grande classe cui si e' dedicato tutta la vita,e' crollato in piena attivita' colpito da un aneurisma. Come ha vissuto, servendo in umilta' il suo ideale, cosi' e' passato, chiedendo scusa per il disturbo che arrecava. Lui che e' stato un grande personaggio del nostro sport,ora raggiunge altri grandi Maestri con cui ha collaborato strettamente, indispensabile e silenzioso: Fabio Mangilli, Girolamo Menichetti, Lucio Manzin, Salvatore Germano e tanti altri. Era noto in tutto il Mondo, sempre presente in quasi tutte le Olimpiadi dal 60 in poi, Course Designer in Mondiali e Olimpiadi, ma soprattutto uomo di cavalli eccelso. Aveva fatto seppellire ai Pratoni tutti i cavalli importanti del nostro sport e sarebbe bello metterlo li, almeno idealmente. Ne sarebbe felice! Chi in vita lo ha trattato male, si penta e preghi per lui. Chi lo ha amato e avuto amico, lo portera' sempre con se. Un abbraccio e un bacio a Teodolinda da tutti noi grati di averlo tenuto in mezzo ai cavalli".
STEFANO BRECCIAROLI: "E' davvero difficile racchiudere in poche parole la sua grandezza. Anche definirlo un grande lavoratore è riduttivo. Albino non ha mai lavorato per il suo tornaconto, ma per il bene dello sport. Lui è stato un missionario sportivo. Il papà di tutti noi. Un'icona mondiale da tutti rispettata. Un professionista coerente. Un uomo che ha vissuto 82 anni, 60 dei quali spesi a favore degli altri. L'immagine italiana riconosciuta dal mondo intero, di cui siamo andati e andremo sempre fieri. Per me è stato un educatore dalla A alla Z. Con lui se ne va un pezzo di storia sportiva fatta di grandi ideali".
GIANNI GOVONI: "Uomini così non ne fanno più. Mi piace ricordarlo per tutte le sue attenzioni rivolte al benessere dei cavalli; o quando, durante i ritiri, ci sgridava se non ci comportavamo bene; quando si preoccupava nel vedere me e Giuseppe Corno sulle moto da cross; quando nonostante la peggiore della pioggia, era sempre in giro per il CEF a controllare che tutto fosse in ordine, dedicando con amore tutte le attenzioni che fanno grande un uomo di cavalli. La cosa più incredibile è che, dopo numerosi anni di mia assenza dai Pratoni, lui mi chiamava ogni volta che veniva a mancare un anziano cavallo che montavo io da giovane. La dice tutta, su di lui".
FILIPPO MOYERSOEN: "Mi spiace molto apprendere la sua scomparsa. Gli insegnamenti di Albino rappresentano per tutti noi un prezioso patrimonio e oggi che non c'è più, sono certo che il ricordo della sua persona rimarrà indelebile nel mondo equestre e, soprattutto, ai Pratoni. Si merita una titolazione, proprio per il grande a appassionato lavoro che ha dedicato alla struttura di Rocca di Papa. Per noi, i Pratoni erano Albino".
ARGENTA CAMPELLO: "Sono cresciuta con il sacro terrore di Albino Garbari. E dopo di me, le mie figlie sono cresciute con il sacro terrore di Albino Garbari. Quel timore che assume la forma del rispetto, della fiducia, dell'ammirazione. Il valore delle sue parole assumeva i toni della sua integrità e della sua incredibile esperienza. Lo voglio ricordare con il suo grande entusiasmo, ai Pratoni e alle Olimpiadi di Atene. Questo era il suo marchio di fabbrica: l'entusiasmo per quel che faceva. E l'etica che lo contraddistingueva all'interno del mondo equestre".
SERGIO ALBANESE: "Sono diventato suo amico all'età di 16 anni. Un'amicizia mai persa. Una stima rinnovata negli anni. Oggi il dolore è troppo grande per parlare di Albino, ma ci tengo a descriverlo come un uomo di grandi valori, una vera persona di cavalli e un grande studioso della materia sportiva, che poi ha saputo diventare un generoso maestro. E' difficile trovare una persona capace di imparare e altrettanto disposta a trasmettere".
GIACOMO DELLA CHIESA: "Albino è stato il pilastro del completo italiano e il punto di riferimento dei Pratoni del Vivaro. Lui possedeva le chiavi di tutto: dalla gestione di scuderia, alla preparazione sportiva; dalla cura dei cavalli alle trasferte olimpiche; dall'organizzazione ordinaria alla risoluzione dei problemi di ogni tipo. Era il primo ad arrivare in scuderia e l'ultimo a tornare a casa. Pur essendo il suo nome strettamente legato alla gestione del CEF, la sua disponibilità (e professionalità) è stata al servizio dell'intera regione Lazio, da Arcinazzo a Montelibretti. Perfezionista e meticoloso, ma anche creativo e generoso".
FEDERICO EURO ROMAN: "Più che un padre, un maestro di vita. Da ragazzo, ho trascorso con Albino due Capodanni ai Pratoni del Vivaro. Dopo mezzanotte andavamo a dare le carote ai cavalli. Desidero ricordarlo per il valore dei suoi insegnamenti umani: la tanto amata disciplina, per Albino, cominciava in scuderia e finiva in casa. Rammento che ci sgridò un giorno, perché eravamo entrati con gli speroni. "Così rovinate i muri", diceva. Ecco, lui ci ha insegnato l'amore per i cavalli e il rispetto per tutte le cose. Una caratteristica che ricordo oggi con grande fascino. Lo voglio ricordare quando provò il percorso di cross delle Olimpiadi di Roma'60 (allora era non solo possibile ma richiesto dal Delegato FEI) e quando cucinavamo tutti insieme a cena. E ancora, dopo le Olimpiadi di Rio, mentre mi abbracciava, commosso e fiero per le prove dei miei figli".
FRANCESCO GIRARDI: "Noi completisti siamo tutti cresciuti sotto la bandiera "Garbari". Una leggenda, un personaggio irripetibile. Albino per me è stato un mentore. E lui era il vero proprietario dei Pratoni del Vivaro. Io ritengo sia giusto affiancare il suo nome nella titolazione del centro".
(Dan. Cur.)