Il libro, edito dall’Ancce, alla cui pubblicazione ha contribuito, tra gli altri,anche il Comitato Fise Lazio, raccoglie le testimonianze dei partecipanti italiani dal 1948 al 2012.
Adriano Capuzzo è sempre stato molto attento e desideroso di trasmettere. “Non basta una vita accanto ai cavalli per imparare” aveva scritto al termine di una dispensa elaborata per il settore Completo dedicata ad Oteb ed istruttori, neofiti della Campagna e del salto in campagna. Da Cavaliere ed Istruttore responsabile, conosceva l’importanza della trasmissione e della documentazione nella didattica equestre.
Non solo della nozione. Ma della storia dell’equitazione, della storia del Completo fino alla sua più alta espressione di gara: Il momento olimpico. I giovani della famiglia equestre di oggi, conoscono troppo poco delle Olimpiadi del Completo. Ad essi sfuggono fatti memorabili, vicende, storie e nomi di cavalli e cavalieri, gente di cavalli che sono stati proiettati nell’agone olimpico per mille ragioni, per caso o per fortuna, finendo nella storia.
Memorabilia da raccontare.
Adriano Capuzzo aveva scritto un racconto breve sulla storia della disciplina equestre del completo “da Londra 1948 a Londra 2012” Questo è il concetto l’idea il pilastro di un testo che sarebbe stato ampliato e corredato da tante altre testimonianze e ricordi personali ad opera di altrettanti cavalieri italiani olimpici. La prima ed unica a rispondere ad Adriano fu immediatamente Lara Villata. Il libro rimane sospeso e nel cuore di Adriano Capuzzo. Poi, nel dicembre 2011, Adriano Capuzzo ci ha lasciati all’età di 84 anni. Restano ancora i suoi articoli, i suoi scritti, le sue lettere, dispense, riflessioni equestri finanche sul web. Mancava questo racconto sulle Olimpiadi di Completo di cui aveva parlato a lungo, ipotizzandolo, immaginandolo, assaporandolo come una visione con Roberto Censabella, amico sincero di Capuzzo e suo grande estimatore. Come la Turandot si interrompe per la scomparsa del suo compositore per riprendere il suo canto, il progetto “Il Completo alle Olimpiadi” è stato portato così avanti dall’Ancce e dal suo Presidente Roberto Censabella e da tutta una equipe "invisibile". Un lavoro duro, arduo, difficile che comincia nel gennaio 2012 e termina nel maggio 2013. Questa data va anche a coincidere con la conclusione del terzo mandato di Presidenza di Roberto Censabella alla guida della storica Associazione Nazionale di Concorso Completo fondata nel 1978 per il Completo ed a tutela dell’antico “military”. Questo libro rappresenta una opera di documentazione pregevolissima. A scandagliare archivi, pagine mancanti, fotografie perdute, smarrite, nell’oblio, sparpagliate e sedimentate da trasferimenti, traslochi... storie impossibili, dimenticate, raggomitolate nelle stanze dell’io e sigillate dal tempo. Molti protagonisti hanno fatto fatica a lasciarsi andare a ritroso nel tempo. Sono ben sette i racconti a firma di Giulia Iannone. Cinque nascono come altrettante interviste telefoniche confidenziali ed amichevoli : a Roberta Gentini, Marco Cappai, Geremia Toia, Vittoria Panizzon, Giancarlo Gutierrez. Una cronaca epistolare ha rappresentato la documentazione di partenza per lo sviluppo del brano di Stefano Angioni su Monaco 1972, mentre Il testo di Paolo Angioni è stato ricavato da un post pubblicato su un forum equestre in rete. Non trovavano le parole, dicevano i più, non trovavano se stessi, poteva sembrare. Si è trattata di una operazione certosina ma quanto è emerso dai flutti del tempo è semplicemente affascinante. Molti hanno fatto pace col proprio passato, molti hanno ridato alla storia documentata in fretta, la giusta parola. Molti hanno restituito onore e gloria al proprio cavallo, Savauge per esempio il cavallo di Stefano Angioni, ritirato per un infortunio e non eliminato. “Sauvage non mi disse mai di no” spiega Stefano Angioni nella sua storia. Molti hanno aperto una finestra sui segreti del passato che ha un cantuccio nel presente. Un Geremia Toia allievo che “fugge da Los Angeles 1984” a distanza di quei giusti anni che trasmettono “nostalgia” ; Roberta Gentini che del sogno olimpico parla ogni giorno con Zigolo di San Calogero, pensionato d’elite non ai Pratoni del Vivaro, ma in casa della timida e riservata amazzone di Atlanta 1996, il film “americano” vissuto da Marco Cappai, “eroe per caso”, Vittoria Panizzon tra Rock Model e Pennyz, Anchor Lady del completo Italiano e poi i miti del passato glorioso, Paolo Angioni racconta il suo incontro con Fabio Mangilli e la sua cronaca dettagliata della prova di campagna a Tokyo, qualcuno comprende dopo la prova del cross, ad Atlanta 1996, di aver perso l’occasione della vita: scambiare due chiacchiere con la bella e “procace” attrice americana Bo Derek, volontaria dello staff veterinario. Qualcun altro dimentica la caduta in cross sul numero 4 di Seoul 1988, con la nascita contemporanea della propria figlia e comprende che non tutti i mali vengono per nuocere!
Continuate a leggere voi! Ci sono tantissime storie di tanti altri protagonisti come Stefano Brecciaroli, Bartolo Ambrosione, Fabio Magni, Mauro Checcoli, Dino Costantini, i Fratelli Roman, Roberto Rotatori, Francesco Girardi... Sarete stupiti, toccati, letteralmente ipnotizzati da una storia infinita che vi porterà dritti alla Torre d’Avorio del pensiero e della vita equestre. Tutto questo all’ombra di una fiamma che giganteggia ogni momento: il simbolo per eccellenza. I 5 cerchi olimpici.
L’Olimpo dello sport che cambia non solo la carriera, ma la vita, la mente e l’anima di ogni semplice binomio proiettato all’improvviso in un sogno senza tempo, mentre cambia e si rinnova e si trasforma la disciplina equestre del completo mutando le sue regole, le sue prove, ma non il suo concetto ispiratore.
Adriano Capuzzo sapeva che non basta vivere una storia o essere parte di essa. In un esercito in marcia tra cultura equestre ed espressività agonistica, bisogna trovare il tempo per la documentazione scritta. Solo ciò che si scrive viene consegnato alla memoria.
Valeva la pena continuare la staffetta raccogliendo il testimone e continuando a scrivere .
L’Ancce di Roberto Censabella, consegna questo tempo alla memoria storica equestre.
Cosa aspettano le altre discipline a fare lo stesso?