In viaggio con Flaminia D’Orazi

Domenica 28 ottobre. Una mattina nuvolosa, dall’aria grigia resa serena dagli spicchi di sole che penetrano il finestrino. Salgono in tre sulla macchina: il coach Alessandro Pavoni, l’amazzone Brunella Roscetti e la diciottenne Flaminia D’Orazi, il trailer è saldato sul retro, dentro i due protagonisti: Motorola Pride e Play Whis. Direzione Campionato Europeo di Rening (Lione).

Sul tragitto verso Torino casca qualche goccia d’acqua, la radio prende qua e la, passa la canzone preferita ed il sogno dell’Europeo si fa più vivo kilometro dopo kilometro. Pit stop, i cavalli scendono si stiracchiano le gambe e vengono messi in box, i grandi mangiano e si mettono a dormire. Il giorno seguente la sveglia suona all’alba, si fa il pieno ed il cuore inizia a battere. L’ho sognato così tante volte, che ora non so cosa aspettarmi.

Arrivati. Ci mettiamo un po’ a capire qual è l’ingresso, parlano tutti francese. Avevo sentito dire di una fiera molto grande, non pensavo fosse immensa. Niente panico, arriviamo ai box, ed ecco la comitiva italiana, non ancora al completo, ma l’eccitazione è alle stelle.

Giovedì. Tutti i cavalli passano la visita, un sospiro di sollievo. A un passo dall’incoronazione del lavoro quotidiano, la gioia non si controlla. Ci comunicano le squadre. Flaminia partirà per l’individuale, non c’è male, è la prima gara FEI, il coach rassicura la giovane under 18: “usa la testa, niente esitazioni”. “Non ti preoccupare, tutto sotto controllo" risponde lei per rassicurare lui.

A tenere la situazione sotto controllo, ci sono sempre  il coach della nazionale Alessandro Meconi e la psicologa Elena Montorsi, il gruppo degli young rider ha dato enormi soddisfazione, ma i più piccoli non si fanno parlare alle spalle e venerdì conquistano tutti un posto nella finale ed il argento a squadre.

Durante il campo prova, riaffiorano tutti i sacrifici affrontati, le lamentele degli adulti gli sforzi fatti a scuola ed il motto che unisce tutti gli ippogenitori “se non studi ti scordi il cavallo”, ed allora il cuore inizia a battere. Ci sono i nonni in tribuna, papà che vede per la prima una gara di Reining, c’è la voglia di dimostrare all’istruttore che ha fatto bene a scommettere su di te, e poi la consapevolezza di stare tra i migliori 30 d’Europa, perché non diventare la numero uno?

Entrati in campo gara, le orecchie non odono nulla, sembra di stare in una stanza isolata, uno scarico di adrenalina che parte da dietro le orecchie per attraversare il corpo fino a giungere ai nodelli di Play Whis. L’ultimo alt, sollevo lo sguardo, sento gli applausi, vedo due lacrime sul volto di Alessandro, mi rendo conto di avergli restituito, in parte, la forza, l’energia, la gratitudine che lui ha riposto in me come miglior allenatore di sempre negli ultimi quattro anni. 

 

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