Paolo Angioni nasce a Cagliari, 22 gennaio 1938. Inizia a montare all'età di dieci anni presso la Società Ippica Torinese, dove riceve l'impronta fondamentale dal col. Achille Di Stasio, prima, e dai colonnelli. Gastone Pianella e Vincenzo Arnone, entrambi provenienti dai Corsi di equitazione di Pinerolo e di Tor di Quinto.
Dal 1958 al 1961 lavora con il generale Francesco Amalfi, allievo di Federico Caprilli, poi capo centro ippico militare a Pinerolo e a Tor di Quinto, preparatore delle squadre di salto ostacoli e di concorso completo alle olimpiadi di Los Angeles nel 1932 e di Berlino nel 1936, ricevendone una lezione equestre e intellettuale fondamentale e indimenticabile.
L'impronta più notevole nel modo di montare nei concorsi di salto ostacoli la deve all'allora cap. Piero d’Inzeo, con cui lavora dal 1962 al 1964.
Contestualmente, dal 1963 lavora con il marchese Fabio Mangilli, preparatore per conto della F.I.S.E. della squadra di concorso che andrà all’olimpiade di Tokyo (1964) e a quella di Città del Messico (1968). Il marchese è colui che, nella pratica, gli ha fatto toccare con mano l'importanza di lasciare la testa del cavallo, quindi l'incollatura, il cosiddetto bilanciere, libertà fondamentale.
Altre esperienze di rilievo sono quelle a contatto con Henri Chammartin (vincitore della medaglia d'oro individuale nel Dressage all'Olimpiade di Tokyo) e con Pierre Durand allora écuyer en chef - comandante, del Cadre Noir di Saumur. Con questo maestro e successivamente con il maestro Nuno Oliveira, l'equitazione in sella viene accompagnata da un'importante crescita culturale grazie alla lettura dei testi antichi messigli a disposizione dai due grandi maestri.
Il col. Paolo Angioni possiede una biblioteca personale di oltre 1000 testi tra cui tutti i primi trattati dei maestri italiani del Rinascimento (Grisone, Fiaschi, Corte, Caracciolo, Siliceo, ecc.). Ha inoltre tradotto il grande capolavoro del generale L’Hotte, Questioni equestri; Equitazione ragionata di Jean Licart; Capire l’equitazione di Jean Saint-Fort Paillard; Equitazione accademica del Generale Decarp
Principali gare e vittorie:
- Campione italiano Junior di salto nel 1955 e di concorso completo nel 1955 e 1956.
- Numerose vittorie nei concorsi di salto e di concorsi completi nazionali e internazionali dal 1963 al 1976.
- Medaglia d’oro a squadre, specialità concorso completo, olimpiadi di Tokyo, 1964.
Nel primo caso si è in equilibrio sulle staffe, che sono la base, nel secondo caso sulle natiche, che sono a loro volta la base.
Nel secondo caso la staffa porta il solo peso della gamba. Il resto del peso, la maggior parte, è scaricato sulle natiche, quindi sulla sella, con un'unica articolazione funzionante (in modo molto ridotto) tra peso del busto e base, quella coxo-femorale.
Nel primo caso tre articolazioni (coxo-femorale, del ginocchio, della caviglia) ammortizzano i movimenti del busto e rendono l’assetto “leggero”. Il peso del cavaliere rimane sempre lo stesso, ma è ammortizzato dal gioco di chiusura e di apertura delle tre articolazioni. Se ben fatto, in accordo con l’andatura del galoppo, questo gioco rappresenta un sollievo per il cavallo e anche per il cavaliere, il quale, a sua volta, ammortizza le reazioni provocate dall’andatura e sopporta meglio un galoppo prolungato. In campagna, in un cross del concorso completo, in una corsa piana o a ostacoli, un buon cavaliere sceglie la prima posizione. La staffatura si accorcia. Il busto va inclinato in avanti in rapporto alla velocità. E’ bene osservare i movimenti del busto di un buon fantino (Dettori, p
Non è vero quello che si sente dire da cavalieri e istruttori non competenti, che l’assetto leggero porta un eccessivo peso sulle spalle. Un cavallo che allunga l’andatura del galoppo porta necessariamente più peso verso l’avantreno e il cavaliere si comporta di conseguenza. L’importante è che il cavaliere sia in accordo con il cavallo. Il cav
Quando si lavora in piano, siccome è di primaria importanza l’uso degli aiuti (gambe, mani, peso del corpo), si galoppa seduti. E’ anche un fatto estetico. Nel galoppo seduto le gambe possono agire liberamente, mentre nel galoppo sollevato la gamba, avendo una maggiore funzione di sostegno, è limitata nelle possibilità di movimento. Ma non è detto che in lavoro si debba sempre galoppare seduti. Con un cavallo sportivo (salto, concorso completo), per esempio, per controllare la rispondenza del cavallo negli allungamenti e nei ralle
Andando a saltare e in percorso come si monta? La nostra monta (quella tradizionale italiana di derivazione caprilliana) è sollevata. Si può fare tutto un percorso, anche grosso, rimanendo in equilibrio sulle staffe, sedendosi, più o meno o niente, nelle girate e questo fatto dipende anche dal cavallo che si monta. Con un cavallino leggero, di non molti mezzi (com’era per esempio Pagoro, m 1.56 al garrese, cavallo che lei non credo possa aver visto), si monta in equilibrio sulle staffe, facendo attenzione a non infastidire la schiena con le natiche. Con un
“leggero”.
Non è vero che, sedendoci, il cavallo aumenta “di conseguenza” la velocità “perché si sente caricato sulla schiena”. Anzi, il raddrizzamento del busto, tipico del galoppo seduto, è in genere, in un cavallo lavorato per bene, un invito al rallent
I grandi cavalieri italiani di un tempo (quelli di prima dell’ultima guerra e dopo: i d’Inzeo, Salvatore Oppes, Mancinelli, d’Oriola e i Francesi, anche i Tedeschi, Winckler, Thiedemann, Ligges, gli Statunitensi, ecc.) galoppavano in equilibrio sulle staffe. I percorsi non erano più facili e gli ostacoli più bassi, come erroneamente si crede e si sente dire o si legge. I percorsi delle occasioni importanti (coppe delle nazioni, gran premi, olimpiadi, campionati del mondo) erano grossi e difficili come oggi. I larghi erano veri larghi, non come quelli dei percorsi di Piazza di Siena di quest’anno. Ho visto di persona Piero d’Inzeo vincere su grossi percorsi al chiuso m