akal_tekL’immagine dell’Akhal Tekè, il cavallo dal mantello di seta, campeggia al centro dello stemma del Turkmenistan, così come sulla banconota ufficiale. Questa antica razza è stata salvata dall’estinzione ed è motoivo di orgoglio nazionale per lo stato del Turkmenistan. La Federazione Equestre di questo paese,  per intervento diretto del Presidente Gurbanguli Berdimuhammedov,  incontrerà domani,  mercoledì 20 marzo, a Roma Giuseppe Brunetti,  accompagnato da Giulia Bonella, segretaria dell’Associazione Akhal Teké Italia, in un appuntamento volto ad instaurare sinergie tra i due Paesi imperniate sull’impegno sportivo e la valorizzazione di questo antico cavallo. L’occasione è scaturita dalla volontà delle autorità competenti locali che hanno voluto incontrare un esponente della Federazione Italiana Sport Equestri per inoltrargli l'invito a partecipare come ospite all’evento equestre che si svolgerà  dal 26 al 28 aprile in Turkmenistan, nella città di Ashgabat.

Durante l’incontro di domani, la delegazione Turkmenistan  illustrerà a Brunetti, nell’appuntamento fissato al Roma Polo Club, il programma e i dettagli di questo avvenimento.

Per saperne di più sull’Akhal Teké

I cavalli regali dal mantello di seta: gli Akhal Tekè

Sangue puro, non derivato da alcun altro ceppo, scaturito dalle steppe e dai deserti dell’Asia centrale. Precisamente dal Turkmenistan, dall’oasi di Akhal, dove viveva il popolo dei Tekè, i loro allevatori, che hanno dato a loro il nome dopo che nei secoli erano stati chiamati :Massaget, Parthian, Nisean, Persian, Turkmeno e finalmente Akhal Tekè .

Dal fisico asciutto , con muscolatura lunga e piatta, schiena e dorso lunghi, “i cavalli celesti” sono caratterizzati da un portamento della testa aggraziato, con occhi grandi e intelligenti di taglio orientale , orecchie lunghe e molto mobili;  collo lungo , portato alto e muscoloso. Gambe slanciate, articolazioni grandi e molto robuste, tendini ben staccati, forti e asciutti. La groppa è leggermente obliqua e muscolosa, la coda è attaccata bassa. La spalla inclinata ben formata.

Il mantello è composto da peli con sorprendenti riflessi metallici , cortissimi e morbidi come la seta, la pelle risulta essere molto sottile. Coda e criniera possono essere rade. Forme di adattamento alle terre di origine, dove le tempeste desertiche erano frequenti così come le escursioni termiche. Il mantello più caratteristico, il baio dorato consente all’Akhal Tekè  di mimetizzarsi con la sabbia del deserto: gli Akhal Tekè precedettero di molto la diffusione del cavallo arabo, con cui qualcuno in passato li ha confusi ed ancora oggi li confonde.

Anzi, così alta era la loro fama che le fattrici arabe venivano condotte per centinaia di chilometri ad accoppiarsi con la razza Akhal Tekè, famosa per la sua bellezza, il suo legame col padrone, la facilità d’apprendimento la sua versatilità e non ultime le sue qualità guerriere dettate da un coraggio ed una devozione rari.

Ne parlò Marco Polo, che narra che Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno fosse un Akhal Tekè , ricevuto in dote sposando Roxana figlia del re della Bactria e che, per l’amore e la complicità che il conquistatore macedone aveva instaurato con il suo cavallo,  tanto raro quanto coraggioso,  fece erigere in Pakistan una tomba in suo onore.

Leggenda anche questa, certamente. Ma ogni leggenda nasce e si diffonde sulle ali di realtà conosciute, di qualità affermate e, appunto, leggendarie. Akhal Tekè erano i cavalli  di Gengis Khan e dei suoi generali, una nuvola d’oro travolgeva ogni ostacolo che incontrava sul suo cammino.

Molto più tardi questa razza pura entrò in Europa occidentale. Nelle isole britanniche, Oliver Cromwell amava montare Darcy White Turk, cavallo Akhal Tekè di straordinaria bellezza, contribuendo così alla nascita della razza del purosangue inglese.  Turkmen Atti (che significa cavallo turcomanno) è stato un progenitore  all’inizio del 19° secolo della razza Trakehner .

Con il tempo, la consapevolezza di questa nobile razza si appannò: nella prima metà del secolo scorso due terremoti disastrosi nell’Asia culturale decimarono una razza che non era mai stata molto numerosa. Il rischio diventò la sopravvivenza.

Addirittura, negli anni Cinquanta del novecento l’autorità sovietica – allora il Turkmenistan era una repubblica dell’URSS -  per promuovere la meccanizzazione dei trasporti e dell’agricoltura, decise che i cavalli fossero utilizzati come carne da macello.

Solo l’impegno di due appassionati in particolare (Maria Cerkezova, Vladimir Shamborant) riuscì a contrastare prima e a impedire poi il massacro. Non era facile opporsi al potere sovietico, i pionieri arrivarono a vincere la loro battaglia solo perché spinti da una passione profonda che può forse nascere solo nei confronti di questi cavalli e solo grazie all’ appoggio e all’aiuto della popolazione.

Tremila in tutto, o poco più, sono gli Akhal Tekè nel mondo. Nei paesi confinanti con la terra di origine ma anche in Europa occidentale e perfino in America e Australia . Pochi, certamente. Ma la loro unicità e le loro straordinarie qualità hanno fatto degli Akhal Tekè una razza con tutte le potenzialità per divenire emergente. Cresce il numero degli appassionati, disposti all’impegno che l’allevamento di questa aristocratica stirpe richiede. Cresce la fama dei “cavalli d’oro”, anche sull’onda della straordinaria versatilità dimostrata in ogni genere di competizione, dal dressage al completo, al salto ostacoli, all’endurance in considerazione della capacità di resistenza dovuta all’origine in terre disagiate, spesso desertiche. Certamente ha contribuito la fama dello stallone morello  Absent con  i successi ottenuti vincendo  una medaglia d’oro nel dressage alle Olimpiadi di Roma del 1960 e due di bronzo a quelle di Tokio del 1964 (individuale ed a squadre) montato da S.Filatov e, ancora quattro anni dopo a Città del Messico un’altra medaglia d’argento ( a squadre) con un altro cavaliere: I. Kalita.  TOTALE 4 MEDAGLIE OLIMPICHE ed è stato nominato “cavallo del secolo”da un numeroso gruppo di giornalisti del settore .

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